Resta



Dove ti fa male?


Me lo chiedevano da bambina quando avevo il mal di pancia o quando mi facevo male cadendo, dalla bici, dalle scale.


Ricordo che avevo all'incirca 10 anni e cadendo sull'ultimo gradino della scala esterna della casa in cui vivevo, sbattei così di netto la schiena che rimasi senza fiato un tempo che mi sembrò infinito. La cosa più spaventosa di quell'evento fu l'incapacità di riuscire a chiedere aiuto.


Stavo lì, piegata sulle gambe, guardandomi attorno, in cerca di qualcuno che capisse che non riuscivo più a respirare e che venisse in mio soccorso. Era come stare in apnea sott'acqua e non riuscire a risalire per prendere aria.


Non puoi urlare, hai un'unica consapevolezza: se non torno a respirare muoio!


E non è vero che ti passa la vita davanti. A me l'unico pensiero che passò per la testa fu: devo respirare!!!! E più mi concentravo su quello più mi sentivo morire.


Sono sul divano e provo a fare lo stesso. Provo a respirare. Non ci riesco.


Mi capita molto più raramente da un anno a questa parte, da quando ho iniziato ad ascoltare. Ad ascoltarmi.


Il fiato, alle volte lo perdi anche senza cadere sul serio. Basta un pensiero e SBAM! Smetti di respirare.


Prima facevo esattamente come la me di quella mattina di 25 anni fa, cercavo confusa lo sguardo di qualcuno che mi aiutasse a riprendere il ritmo regolare del mio respiro. Mi contorcevo come un pesce nella rete di quei pensieri, cercando una via di fuga veloce e immediata.


Adesso sto.


Sto con quei pensieri. Senza respiro.


E ascolto. La cerco. Cerco l'emozione. La cerco finché non la trovo. Finché non le do un nome e una collocazione.


Cos'è cambiato?


Non fuggo più. Sto. Semplicemente sto, lì dove lei si trova. Dove io mi trovo.










Sembra facile eh? No che non lo è!


Stare con un emozione e non provare a scappare è difficilissimo.


Bisogna allenarsi ogni giorno: "Stare, restare, ascoltare". Un po' per volta.


La tentazione di fare come quel pesce di cui sopra è fortissima. 
Rompere la rete un'impresa difficilissima. Per questo ci si ritrova sempre al punto di partenza e la fuga è solo un modo più veloce per soffocare.


Vi ricordate quella scena in cui Nemo aiuta i pesci a liberarsi dalla rete dei pescatori?


Tutti i pesci, istintivamente, credendo di fuggire, erano spinti ad agitarsi verso la superficie, non accorgendosi di facilitare solo il loro triste destino. L'alternativa del piccolo Nemo, di nuotare verso il basso e non tentare di uscire dalla rete, diventa la loro unica salvezza.


Stare. Che non significa passivamente subire l'emozione, ma lasciare che scorra, senza negarla.


Stare. E' quell'unica soluzione consapevole che porta ad obiettivi diversi da quelli messi in atto in precedenza.


Stare è ritornare a respirare.






Dove lo senti?


Nella pancia.


Cosa ti dice?


Scappa!


Cosa fai?


Sto.


Come stai?


Respiro!







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