La verità sul GAY PRIDE!





Oggi vorrei raccontarvi una favola...

Vorrei che iniziasse così..

"C'era una volta l'amore. Quello puro, sincero, quello raccontato dai bambini, fatto di pensieri e atti liberi, quello per cui vada bene anche lottare, ma con desiderio, determinazione e passione. L'amore tra persone. L'amore senza schiavitù ideologiche e morali. L'amore.Vissuto alla luce del sole o al chiaro di luna, libero di essere vissuto.
Purtroppo arrivò la stupidità umana e l'amore fu messo in gabbia, etichettato, racchiuso all'interno di dogmi severi. Gli fu preclusa la libertà. Fu una lotta dura, ma alla fine vinse l'amore e la sua libera espressione".


Questo è quello che avrei voluto raccontarvi e invece la storia è un'altra.

Pensavo che nel 2013 fosse oramai chiaro che per amarsi non è necessario specificare i soggetti, specificarne l'orientamento sessuale o il genere. Invece tocca farlo, perchè ai più l'amore necessita di etichette e categorie.
C'è l'amore sacro e l'amor profano, cantava De Andrè, c'è l'amore etero ed omosessuale, e c'è chi nega l'amore.
Si è appena concluso il gay pride a Palermo e sotto ad un video su youtube leggo ancora commenti di disprezzo, commenti bigotti e moralisti, commenti cattivi, di gente che, appellandosi alla Chiesa e a Dio, cerca l'inquadramento corretto a discorsi senza senso.

Sconvolge il gay, sconvolge una parata, sconvolgono baci e sconvolgono parole.

Vi voglio raccontare un'altra storia.

La famosa parata, che a molti sembra solo l'ostentazione di una sessualità perversa, perchè non coincidente con quella canonica a cui siamo abituati, è una marcia che tiene in vita la memoria di un avvenimento risalente agli anni 60: I moti di Stonewell.

Era il 1969 e le incursioni della polizia nei locali erano frequenti, mirate alla repressione del comportamento gay, considerato indecente ed innaturale.
I moti di Stonewell videro una di queste retate trasformarsi in violenti scontri fra gli omosessuali e la polizia nel bar gay "Stonewall Inn" nel Greenwich Village. Questa vicenda viene considerata l'origine simbolica del movimento di liberazione gay di tutto il mondo.
Quello che si tiene nelle nostre strade, nelle nostre piazze, quella marcia colorata, non è altro che la rivendicazione di un diritto, il cui raggiungimento è stato reso ostico da noi stessi disprezzanti e razzisti.
Alla luce dei fatti, però, mi chiedo cosa è cambiato?
Continuiamo a fare le veci di quei poliziotti, sostituendoci a giudici con il diritto e il dovere di reprimere.
Cosa?
L'anormalità non è tra due persone dello steso sesso che si amano, è nei nostri occhi, nell'interpretazione che facciamo di quell'amore trasponendolo alla perversione.
Lasciate stare l'innaturalità, la religione, e tutto ciò che non ha niente a che vedere con l'amore, questo è fatto di sentimenti, gli organi sessuali non c'entrano, c'entra casomai la sessualità e quella sta bene con qualsiasi aggettivo, eccetto che con la parola discriminante.
Il gay pride è l'orgoglio di essere gay alla luce di una storia fatta di denigrazioni, discriminazioni e violenze e non vuole far altro che sostenere il diritto ad amarsi, essere fieri di ciò che si è, nell'innata natura in cui si è. 
Essere gay non è una scelta, essere rispettosi si. 



Commenti

MikiInThePinkLand ha detto…
Condivido ogni singola parola e ti faccio i miei complimenti per aver scritto un articolo del genere, io stessa non ero a conoscenza dell'avvenimento di cui hai parlato.
Io penso che la manifestazione del Gay Pride non dovrebbe proprio esistere, ma non perché io non sono d'accordo, ma perché, al giorno d'oggi, non dovrebbe proprio esserci la necessità che le persone debbano ancora manifestare e lottare per la propria dignità e per i propri diritti. Non ha alcun senso.

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