Vatti a fidare dei padri di famiglia!



Stamattina mi sveglio e vengo investita in pieno da una notizia a dir poco sconvolgente.
Ma cosa sta succedendo?
Prima il reverendo Camden e adesso Cliff Robinson?
I due pilastri amorevoli della mia infanzia e adolescenza, implicati in  torbide storie di pedofilia e stupri seriali?
Loro, i protagonisti dei telefilm che più di tutti proponevano tra gli anni 80 e gli anni 90 l'immagine della famiglia felice con  genitori premurosi e perfetti e figli ubbidienti, in realtà sono un bluff?
Insomma, siamo tutti cresciuti con l'immaginario ideale della famiglia perfetta, propinataci dalla tv, attraverso personaggi racchiusi in case accoglienti e calde, il cui divano era l'emblema degli affetti,   dove sprofondare tutti insieme a fine giornata.
Io, per prima, sono cresciuta desiderando aprire la porta di casa e trovare il faccione buffo e affidabile di Bill Cosby ne "i Robinson", chiedendomi perché le discussioni a casa mia non finivano mai con un abbraccio, ma, piuttosto, con diversi vaffanculo.
Poi sono arrivati i Camden e lì mi sono rincuorata,  perché quei poveri 7 figli mi pareva vivessero quotidianamente le stesse difficoltà e gli stessi scontri che mi trovavo, anche io, a vivere con i miei genitori, che poi realmente tanto severi ho scoperto non essere, negli anni, in confronto a quei due morigeratori.
Mi sono sempre chiesta se tutta quella morale non fosse troppo rigida, persino per la famiglia di un reverendo. Tutto sommato però era cosa buona e giusta per quella che sembrava essere il prototipo della famiglia perfetta.
In realtà il "settimo cielo" non era altro che un inferno.

Eppure, in tutti questi anni di famiglie perfette e morali a cucchiaiate abbondanti, manco fosse nutella, non mi ero posta il problema che ci potesse essere del finto anche nella finzione.
L'ideale fantastico della famiglia perfetta, di cui quella Mulino Bianco, è solo uno degli esempi, sembrava essere la normalità e l'obiettivo a cui tendere.
Poi la glassa si scioglie e vengon fuori tutti i bozzi che tanto accuratamente erano stati nascosti.
La famiglia perfetta non esiste, così come non esiste il ragazzo perfetto, la storia perfetta, la vita perfetta e un mondo perfetto.
L'ideale di perfezione a cui ci hanno abituato e verso cui tendere non ha fatto altro per tutta la nostra vita che allontanarci da ciò che di imperfetto ma reale ci circondava. E il mostruoso si è solo travestito da meraviglioso, ingannandoci.
E scopriamo, adesso che siamo cresciuti, dopo un adolescenza fitta di momenti in cui ci siamo chiesti il perché noi crescevamo in famiglie sui generis più simpsoniane o griffiniane e a tratti addamsiane, che in realtà i veri problemi li avevano loro.
Loro che la colazione la facevano tutti insieme seduti attorno al tavolo di una cucina irradiata da luce divina due ore prima di andare a scuola, mentre nella stessa tempistica io avevo già imprecato per non andare a scuola, trascinato me e il mio sonno in bagno e, infine, cercato di seminare mia madre e il suo latte e nesquik, prima di raggiungere finalmente l'uscio di casa tra vari conati di vomito. Loro che parlavano di sesso con naturalezza, mentre i miei annaspavano tra api e cavoli lasciandomi con il beneficio del dubbio e l'intervento dello Spirito Santo. 
Loro che non gli sfuggiva nulla, peggio della Cia, mentre ai miei gli lasciavi credere persino alle invasioni aliene e barbariche insieme, pur di far calia a scuola.

A questo punto, assodato che la famiglia perfetta non esiste, nemmeno nella finzione, chiederei scusa a tutte le famiglie imperfette. Alla mia soprattutto, perché nella sua imperfezione si è mantenuta sana, malgrado alcuni colpi di scena, frasi ad effetto, momenti di suspance, e varie e molteplici rotture di balle. 

E adesso basta, fermiamoci qui con gli scandali, che ad una Tata Francesca in atteggiamenti equivoci e frequentazioni perverse non sono pronta.


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